Sono diversi i termini entrati nel lessico comune che indicano una forma di discriminazione nei confronti di alcune categorie di persone (donne, omossessuali, ebrei, neri…) di cui conosciamo l’esatto significato.

Sessismo, omofobia, antisemitismo, razzismo identificano immediatamente un deplorevole e diffuso modo di pensare e comportarsi.

Una forma di discriminazione almeno altrettanto diffusa, di cui si parla poco e non si conosce appieno il significato, è quella rivolta alle persone anziane, denominata ageismo.

Coniato negli anni 60 dal gerontologo statunitense Robert Neil Butler (ageism), il termine si è rapidamente diffuso in campo geriatrico mentre non ha registrato la stessa divulgazione nell’opinione pubblica per una carenza non solo culturale ma anche secondaria a una visione errata dell’attuale sistema produttivo e economico.

Sotto le sue diverse sfaccettature, l’ageismo non sempre è palesemente identificabile.

È una forma di ageismo il metodo educativo impartito nell’età evolutiva, per le bambine tutto incentrato sulla bellezza, con testimonial erroneamente positivi tipo Barbie, e per i bambini sulla efficienza fisica, rappresentata da personaggi Rambo-simili.

Genera nei futuri giovani/adulti un modello di vita immaginario agli antipodi rispetto alla vecchiaia, considerata un peso, uno scarto o una malattia da combattere e da rimuovere perché portatrice di soli connotati negativi, in netta contrapposizione con il giovanilismo.

Altra frequente forma di ageismo la troviamo nella divulgazione editoriale dei mass media, sbilanciata verso il mito dell’eterna giovinezza, della velocità, efficienza, produttività esasperata, dell’antiage onnicomprensivo.

L’anziano tende a essere rappresentato in maniera paternalistica se non caricaturale, possibile consumatore del prodotto commerciale da vendere.

Esiste poi l’ageismo nelle regole sociali rappresentato da discriminazioni pensionistiche, economiche, urbanistiche o nei servizi al cittadino, tanto che lo studio Sliage (Zucchelli, 2007) ha identificato 26 forme di agesimo sociale (accettato, non accettato, manifesto, occulto, consapevole, inconsapevole, estrinseco, intrinseco o auto-ageismo, diretto, indiretto, intragenerazionale, extragenerazionale, continuo, occasionale, verbale, extraverbale, compassionevole, con disprezzo, scherzoso, conflittuale, istituzionale, extra-istituzionale, mediatico, extra-mediatico, familiare, extra-familiare).

L’attuale pandemia da SarsCoV2, un mese fa definita in maniera appropriata “sindemia” dal redattore capo della prestigiosa rivista The Lancet -“Offline: Covid-19 is not a pandemic”- per enfatizzare la necessità di una visione più ampia, al di là della sola componente sanitaria (sociale, educazionale, economica, scolastica, comunicativa…), ha determinato una netta recrudescenza dell’ageismo sanitario e socio-assistenziale.

Gli esempi, limitati a questi ultimi mesi, sono tragicamente tanti: carenza dei servizi sociosanitari territoriali rivolti all’anziano o chiusura di quei pochi esistenti invece di un auspicato potenziamento durante l’epidemia; solitudine e senso di emarginazione per il distanziamento sociale senza un capillare sistema di monitoraggio e sostegno; inappropriata comunicazione dei dati epidemici (i bollettini giornalieri della scorsa primavera ripetevano che la mortalità interessava solo gli anziani); riferimenti telefonici disorganizzati o di totale inefficacia per le numerose chiamate senza risposta; carenza negli screening di monitoraggio epidemiologico (lunghe attese per i test domiciliari e file interminabili per quelli nei laboratori); mancanza di percorsi agevolati per la terza età nei triage ospedalieri e di dimissioni protette; ridotto filtro territoriale per i ricoveri impropri; strutture residenziali per l’anziano (RSA, Case Protette e Comunità Alloggio) senza un chiaro supporto di linee guida operative e sostegno sanitario ed economico.

Non basterebbero diverse pagine per completare il lungo elenco.

L’ageismo sanitario e socio-assistenziale trova linfa vitale nel background ageistico culturale, evidente soprattutto in alcune dichiarazioni delle ultime settimane.

Diversi noti esponenti del mondo politico, scientifico e sociale hanno lanciato azzardate proposte per contrastare la mortalità delle persone più fragili (le più anziane con polipatologie) e limitare il consumo di risorse, senza una approfondita analisi delle problematiche legate all’invecchiamento.

Risultano intrise di ageismo le seguenti recenti proposte:

– isolamento sociale per gli ultrasettantenni (non più produttivi!), senza definire il metodo di monitoraggio dell’anziano chiuso in casa, l’inevitabile sovraccarico per una medicina territoriale già in affanno e le conseguenze negative psichiche (depressione da solitudine) e fisiche (sindrome da immobilizzazione) del provvedimento proposto;

– chiusura delle residenze per anziani, senza valutare l’alta percentuale di famiglie mono componenti formate da single over 75enni (oltre il 30% dei nuclei familiari), la particolare incidenza delle patologie croniche e del deterioramento cognitivo (chi li assiste e con quale competenza?), le modifiche strutturali dei nuclei familiari con l’inevitabile ulteriore maggiore carico assistenziale per le figure femminili, la scarsa disponibilità economica…

– negazione della terapia intensiva agli anziani in caso di carenze di posti letto o respiratori artificiali (norma attuata in Svizzera e nella Comunità di Madrid per tutti gli over 85enni e gli over 75 con pregresse patologie come cardiopatie avanzate, demenze o tumori con aspettativa di vita inferiore ai 12 mesi), senza un propedeutico approccio geriatrico basato sulla valutazione multidimensionale funzionale delle capacità residue, della qualità di vita antecedente all’infezione e con i numerosi dubbi etici e morali.

Altre proposte simili fanno emergere alcune deficienze culturali di base.

La principale consiste nel considerare l’invecchiamento un processo omogeneo, uguale per tutti, senza considerare la eterogeneità interindividuale e la diversa velocità di invecchiamento di ogni individuo.

Gli ultrasettantacinquenni rappresentano una categoria disomogenea per soggettiva variabilità funzionale: a un estremo i non autosufficienti e all’altro i totalmente autonomi, produttivi e progettuali.

Anche limitandoci a età più avanzate, tra gli over 85 sono sempre più numerosi quelli che gestiscono bene le loro poche patologie, vivono con soddisfazione il presente e progettano il loro futuro; spesso fungono da esempio per le fasce di popolazione più giovani, da collocare nella categoria del successful aging.

I precedenti esempi di ageismo culturale rischiano di aumentare il gap generazionale, come messo in evidenza con chiarezza dal recente rapporto dell’Osservatorio Censis-Tendercapital “La Silver Economy nella società post Covid-19” pubblicato il 20 giugno 2020.

Il rapporto parla di rancore sociale e divario intergenerazionale e riporta l’opinione del 49.3% dei giovani che ritiene giusto privilegiare le età più basse nell’accesso alle cure e ridurre la spesa pubblica per gli anziani, nonostante l’Italia si collochi tra le ultime nazioni europee per i servizi socio-sanitari geriatrici.

È una battaglia culturale che si può vincere partendo dal presupposto che la vecchiaia non rappresenti solo un fattore negativo per il sistema pensionistico, per la spesa socio-sanitaria e per l’occupazione giovanile ma una concreta opportunità di crescita.

L’orientamento positivo nei confronti della vecchiaia è chiaramente enfatizzato dalla Silver Economy: “L’insieme di tutte le attività economiche dedicate ai bisogni degli over 50 che include prodotti e servizi consumati direttamente e il business così generato” (Oxford Economics). Prodotti e servizi rivolti a tutte le tipologie di anziani.

Per i non autosufficienti e gli anziani fragili (a rischio di perdere l’autonomia) troviamo molteplici strumenti sanitari e assistenziali: telemedicina, domotica, robotica, monitoraggio e assistenza sociale, numerose e diversificate forme di Smart Health.

Per gli anziani attivi, tutti i prodotti che migliorino la qualità di vita: Smart City, tempo libero e turismo geriatrico, percorsi diagnostici-terapeutici-assistenziali, sanità di vicinanza, monitoraggio sociale.

Per ogni tipologia di invecchiamento, tutti gli strumenti che favoriscano il mantenimento del maggiore stato di benessere bio-psico-socio-ambientale, in un’ottica preventiva della disabilità secondo i principi delle geragogia (prevenzione dell’invecchiamento patologico).

In pratica, la vecchiaia rappresenta una grande opportunità per l’imprenditoria, in particolar modo per quella giovanile e le start up.

Attualmente la Silver Economy è la terza economia al mondo con un valore in continua crescita di $7 trilioni all’anno e, secondo i megatrends di mercato, raggiungerà i $15 trilioni nel 2021.

Diversi osservatori del fenomeno affermano che con la diffusione del digitale e dell’AI si sia ulteriormente consolidata una reciproca virtuosa influenza dove la crescente domanda di servizi di “cura”, di facilitazione o di benessere da parte degli anziani determina una notevole spinta all’innovazione tecnologica, sanitaria e sociale e all’apertura di nuovi mercati.

Le nuove applicazioni dell’Internet of Things rappresentano esempi concreti di nuove opportunità.

In conclusione, bisognerebbe cambiare il paradigma politico per influenzare positivamente gli esiti: investire grandi risorse sull’anziano per aiutare il giovane a progredire.

Un ultima considerazione: discriminare l’anziano calpestando i suoi diritti ha un risvolto legale perché vietato dall’Art. 3 della Costituzione che assume come fondamentale il principio di uguaglianza fra tutti i cittadini.

L’Associazione The Sardinian Project, nella consapevolezza che la Sardegna è la regione con la più alta velocità di invecchiamento e nei prossimi anni verrà proiettata ai vertici mondiali della longevità, ha inserito le diverse accezioni della Silver Economy all’interno dei suoi progetti, finalizzati a migliorare l’economia e le condizioni sociali della nostra isola.

Paolo Putzu
Geriatra e Presidente sez. Sardegna
Associazione Italiana Psicogeriatria